I Tamburini della Quintana

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Quello del tamburino non è mai stato un ruolo anonimo del "corsus honorum" quintanaro. Anzi, possiamo dire che tutto comincia da lì. Da quell'incrociare i pistilli con forza sulle pelli dei tamburi, per dare voce ad una passione quintanara che tutti i tamburini hanno sempre espresso all'ennesima potenza. Il tamburino della Quintana, oggi come ieri, rappresenta il nerbo del Rione e della Quintana in genere; la sua spina dorsale. E, in molte esperienze, ne andrà a formare anche la sua classe dirigente. Nei tempi in cui la Quintana era ancora vissuta come esperienza veramente sociale (anche perché c'era poco altro in giro), l'approdo al ruolo di tamburino veniva solo dopo tutta una serie di passaggi intermedi. Anche a livello di partecipazione al corteo storico; prima si doveva passare da situazioni forse meno nobili (porta lancia, porta palio, palafreniere, ecc.) e poi, solo dopo aver acquisito la certificazione "doc" di appartenenza alla Contrada, si aveva la possibilità di entrare a far parte della ristretta pattuglia dei tamburini rionali.
Non c'è folignate, che sia stato bambino negli anni '60/'80, che non abbia utilizzato i vecchi fustini vuoti del detersivo (quelli con la base rotonda) trasformati in tamburi. L'inconfondibile rullo dei tamburi, quando i tamburini potevano ancora provare nelle vie del centro, era il segnale che la Giostra si approssimava.
Oggi le prove si svolgono decentrate, nelle periferie artigianali, e quello che giunge in città è un suono ovattato e lontano, ma non per questo meno familiare.
Negli anni '70 i due Rioni antagonisti per eccellenza, Spada e Pugilli, annoverano schiere di tamburini che oscillavano, rispettivamente, tra le 18 e le 16 unità. Passano gli anni (dal ridimensionamento numerico degli anni '80 alla formula "agonistica" di questi ultimi anni), ma l'importanza dei tamburini non è mutata. Il loro suono, rappresenta il segno distintivo della Contrada e, tutti insieme, come dal 1946 ad oggi, il filo conduttore della Giostra della Quintana, che in essi si riconosce, forse di più del calpestio dei cavalli sull'otto del Campo de li Giochi.

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