Niccolò Trincia Trinci: differenze tra le versioni

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Niccolò Trincia Trinci (... - 10 Gennaio 1421) fu l'ottavo Signore di Foligno, dalla morte del padre Ugolino III fin quando non venne assassinato, il 10 Gennaio 1421, da un suo castellano per vendetta personale. Era sposato con Tora Varano, figlia di Rodolfo, Signore di Camerino; sua figlia Elisabetta andò in sposa a Oddo di Braccio Fortebraccio.

Stato
Titoli
Capitano del Popolo Gonfaloniere di Giustizia
Vicario Apostolico
Predecessore Successore
Ugolino III de' Trinci Corrado III de' Trinci
Inizio Signoria Fine Signoria
11 maggio 1415 10 gennaio 1421
Ascendenza
Ugolino III de' Trinci Costanza d'Aldobrando Orsini
Consorte
Tora di Rodolfo da Varano
Discendenza
Ambrosina Faustina
Bianchina Elisabetta

Biografia e Note Storiche

Alla morte di Ugolino III, tre dei suoi numerosi figli, Niccolò Trincia, Bartolomeo e Corrado, diedero vita a una sorta di gestione corale del potere, pur designando il maggiore come Vicario Pontificio, ufficialmente investito della carica, che comprendeva anche Nocera, da Papa Giovanni XXII.
Nel 1418 servì, assieme ai fratelli, la Repubblica di Firenze. Nello stesso anno si imparentò con il suo grande amico Braccio da Montone, dando in sposa sua figlia Elisabetta al figlio di Braccio, Oddo - poi conosciuto anche come Oddone - entrambi di soli otto anni.
L'amicizia con la famiglia Fortebraccio fece deviare i Trinci dalla loro tradizionale politica papale; Niccolò soccorse Braccio nelle sue imprese contro Martino V, e questo fu un grande errore per uno che governava per concessione della Chiesa.
Nel 1420 fu però alla corte di Martino V, in Firenze, dove si adoperò, di concerto con i Fiorentini, per conciliare Braccio con il Papa.
Niccolò venne descritto come "severo con crudeltà e libertino con violenza", lasciando intendere che la sua brutta fine se l'era un po' preparata da solo.
Si innamorò di Orsolina di Nicolò da Catagnone della Fratta di Trevi, la bellissima e giovane moglie di Pietro di Pasquale di Vagnolo da Rasiglia, Castellano di Nocera, e ne fu contraccambiato. Le sue troppo frequenti visite al castello destarono però i sospetti di Pietro, il quale, avuta la certezza di essere tradito dalla moglie, dissimulando il suo risentimento, studiò come vendicarsi dell'oltraggio subito e allo stesso tempo liberarsi dal giogo dei Trinci.
Il 10 gennaio del 1421, Niccolò e i suoi fratelli, Bartolomeo e Corrado, vennero invitati dal Castellano a una grande battuta di caccia nelle selve di Nocera, unitamente ai Signori di Fabriano e Matelica, ai Varano di Camerino e altri. L'intento di Pietro era di riunire insieme le sue prede nello stesso luogo, per poterle poi eliminare tutte con una sola azione; tutti aderirono e intervennero alla caccia, a eccezione di Corrado, che fu trattenuto all'ultimo momento da impegni imprevisti.
Quella stessa notte Niccolò e Bartolomeo vennero assassinati da Pietro e dai suoi uomini: Niccolò nel proprio letto, in una stanza del castello; Bartolomeo, che alloggiava invece in una locanda, venne fatto chiamare con un pretesto prima dell'alba, e venne assassinato non appena mise piede nel castello.
I sogni e le speranze di Pietro si infransero però già prima che il sole fosse alto; egli aveva sperato di sollevare il popolo contro la famiglia Trinci, ma non trovò alcun seguito, vuoi per l'efferatezza dei suoi crimini o vuoi, più probabilmente, per il concreto timore della vendetta che Corrado, l'unico superstite, avrebbe preteso.
E infatti, non appena raggiunto dalla notizia, Corrado si recò a Nocera, accompagnato da Braccio da Montone, dove si abbandonò a una rappresaglia di rara ferocia e crudeltà, un evento passato alla storia come "l'eccidio di Nocera".

Vedi pagina dedicata: L'eccidio di Nocera

Genealogia

Genealogia di Niccolò Trincia di Ugolino III de' Trinci, VIII° Signore di Foligno


Discendenza

Da sua moglie, Tora di Rodolfo da Varano, Signore di Camerino, ebbe quattro figlie. Tora sopravvisse al marito fino al 1453.

Ambrosina

Sposata con Mario Cima, la cui famiglia perse nel 1423 la Signoria di Cingoli.

Faustina

Sposata con Lodovico Lodovisi di Assisi.

Bianchina

Sposò nel 1423 Guid'Antonio Manfredi, Signore di Faenza.

Elisabetta

Nel 1418 sposò Oddo Fortebraccio[1], figlio di Braccio da Montone; avevano entrambi otto anni. Oddo morì nel 1425, quindicenne, in Romagna, combattendo per i Fiorentini contro il Duca di Milano.


N.B.: Le immagini a corredo di queste pagine hanno uno scopo puramente illustrativo. Non sono in alcun modo collegate con l'iconografia, reale o presunta, dei fatti e dei personaggi a cui sono accostate.


Note

  1. Oddo Fortebraccio nacque a Città di Castello il 15 febbraio 1410 da una relazione extraconiugale di Andrea Fortebraccio, noto come Braccio da Montone, con una ragazza del luogo. Sebbene nato al di fuori del matrimonio, venne comunque riconosciuto e cresciuto dal padre e dalla sua prima moglie, Elisabetta Armanni, che non poteva avere figli. Nel 1418 fu concordata una promessa di matrimonio tra Oddo ed Elisabetta Trinci. In tal modo, il padre consolidò un'alleanza familiare che gli assicurò il totale controllo dell'Italia centrale. Oddo Fortebraccio prese parte nel 1424 alla guerra dell'Aquila scatenata dal padre Braccio, il quale appoggiava la causa degli Aragonesi di Alfonso V d'Aragona, pretendenti al trono del Regno di Napoli a discapito degli Angioini, e che nel conflitto perse la vita. Nello stesso anno divenne podestà di Città di Castello e represse delle rivolte popolari in detta località, a Spello e a Cesi. In agosto dello stesso anno passò con Niccolò Piccinino a servire la Repubblica di Firenze, dalla quale ottenne un comando di 1500 lance. Stazionò in Romagna, dove assediò Tredozio e Rocca San Casciano. Il 1º febbraio 1425 si diresse insieme a Niccolò Piccinino nel territorio di Marradi per frenare le scorrerie di Angelo della Pergola; qui cadde vittima di un agguato da parte della popolazione locale ordito dal Piccinino in persona. Dopo vari spostamenti, il suo corpo fu portato a Montone per la sepoltura. Oddo era cresciuto sui campi di battaglia con il padre sin da fanciullo, amato e rispettato dalle truppe, ed era destinato ad esserne il naturale successore. Lo aveva ben capito Niccolò Piccinino che, messosi al suo servizio, apparentemente per proteggerlo, con la sua morte ne trasse indubbiamente vantaggio.

Bibliografia

Gli affreschi del Palazzo Trinci a Foligno - Mario Salmi
Il Vicariato dei Trinci - Don Michele Faloci Pulignani
Le arti e le lettere alla Corte dei Trinci - Don Michele Faloci Pulignani
Prima edizione a stampa della Divina Commedia – Studi II - Piero Lai
Istoria della Famiglia Trinci - Durante Dorio - Foligno - 1638 - Agostino Alteri
Compendio della Storia di Fuligno - Giuseppe Bragazzi - Foligno - 1858 - Tipografia Tomassini
La Gazzetta di Foligno - 1988/89 - articoli di Federica Ferretti
La cronaca del Trecento italiano - Carlo Ciucciovino
Di Corrado Trinci, tiranno ecc. – Medardo Morici – Bollettino della Regia deputazione di Storia Patria per l’Umbria – Volume XI – Unione Tipografica Cooperativa – Perugia - 1905
Storia del Comune di Spoleto dal Secolo XII al XVII – Achille Sansi – Stabilimento di P. Sgariglia – Foligno - 1879
Pro Trevi – Famiglia Manenti
[http://www.wikideep.it/cat/trinci/ WikiDeep]
Enciclopedia Treccani Online
I Priori della Cattedrale di Foligno – Don Michele Faloci Pulignani – Bollettino della Regia deputazione di Storia Patria per l’Umbria – Volume XX – Unione Tipografica Cooperativa – Perugia - 1914
Santi e Beati
Vite de’ Santi e Beati di Foligno – Lodovico Jacobilli – Agostino Alteri – Foligno - 1628
Bollettino della Pro Foligno - Anno 11º numero 2, Febbraio 2011
Wikipedia per le note e le varie voci.

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