La Famiglia Trinci
La casata dei Trinci è stata una nobile famiglia, di stirpe longobarda, che ha amministrato Foligno dal 1305 al 1439. Sotto la loro Signoria, la città espanse notevolmente i propri domini e aree d'influenza e si arricchì di opere architettoniche di grande pregio. Sebbene sudditi del Papa e Vicari Pontifici, i Trinci non persero mai l’occasione per rendersi autonomi e di fatto sovrani dei territori a loro assoggettati. Nonostante fossero Guelfi, e alleati dei Guelfi dell’Umbria, si contrapposero spesso ai loro alleati ed al Papa, venendo scomunicati e ribenedetti più volte. Il territorio su cui esercitavano il proprio dominio mutò più volte, crescendo o diminuendo a seconda della loro abilità politica, dell’umore dei popoli e della benevolenza del Pontefice: in un certo periodo comprendeva anche la città di Assisi, in un altro periodo si estendeva fino a Leonessa, negli Abruzzi. Disseminarono i loro possedimenti di fortezze, edificando anche numerose Chiese, Monasteri e Cappelle. Prima di cadere nella completa rovina, essi condussero una vita sempre agiata, considerati i tempi in cui vivevano in cui le guerre e le lotte non mancavano mai.
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Arme | Motto |
D'argento alle due teste di cavalli neri unite dal petto in su con redini vermiglie. |
"Fides Adiuvat" |
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Titoli | |
Quadro Storico
Re e Imperatori
Federico II di Svevia, alla sua morte, avvenuta il 13 Dicembre 1250, era Re dei Romani[1], Re d’Italia[2] e Imperatore del Sacro Romano Impero, nonché Re di Sicilia. Gli successe, come Re dei Romani e Re di Sicilia, suo figlio, Corrado IV, il quale morì già nel 1254, lasciando un figlio neonato, Corradino, come erede e il fratellastro Manfredi come reggente. Preoccupato dalle mire espansionistiche di Manfredi, il Papa, Urbano IV (il francese Jacques Pantaléon di Troyes) prese accordi con il fratello del Re di Francia (Luigi IX) Carlo d’Angiò per offrirgli la corona di Sicilia. Alla morte di Urbano IV il suo successore, Clemente IV, portò avanti la trattativa che permise all’Angioino di occupare il trono di Sicilia, annientando la dinastia degli Svevi con l’uccisione di Manfredi prima e dell’adolescente Corradino poi. Tra il 1309 e il 1558 si successero, col titolo di Re dei Romani, Re d’Italia e Imperatore, i discendenti delle dinastie dei Lussemburgo, dei Wittelsbach e degli Asburgo. Mentre al centro-nord si andavano affermando le prime Signorie, alcune di carattere feudale, come quella dei Savoia, altre come evoluzione istituzionale dei Comuni, gli Angiò, a seguito dei Vespri Siciliani[3], persero il dominio sulla Sicilia e stabilirono la corte a Napoli, mentre gli Aragona regnavano sull’isola. La Chiesa aveva perso il controllo dei suoi territori, il “Patrimonium Sancti Petri”[4], a seguito della “Cattività Avignonese dei Papi”[5]; lo Stato Pontificio, a causa della lontananza della sede papale, cadde in preda all'anarchia e fu dilaniato dalle lotte interne delle principali famiglie nobiliari romane (come quelle tra i Colonna e gli Orsini) e nel 1353, Innocenzo III, in previsione di un ritorno del papato nella sede di Roma, incaricò il Cardinale Egidio Albornoz di restaurare l’autorità papale nei territori della Chiesa in Italia, conferendogli poteri straordinari. L’Albornoz riuscì nell’impresa, parte con la diplomazia e parte con le armi. Ricostituita l’unità dello Stato della Chiesa, l’Albornoz creò un’amministrazione basata sul decentramento provinciale, codificata nel 1357 nelle cosiddette “Costituzioni Egidiane”. Il Ducato di Spoleto, creato durante l’occupazione longobarda, pur ridimensionato, tornò fra i possedimenti della Chiesa, e con esso la città di Foligno. Nel 1378 l’elezione al soglio pontificio di Papa Urbano VI, un italiano che, a differenza dei suoi predecessori, restò a Roma, diede il via al “Grande Scisma d’Occidente”, durante il quale, fino al 1418, i francesi non vollero riconoscere il Papa di Roma ed elessero una serie di “antipapi”. Il Concilio di Costanza pose fine allo scisma e il Papa assunse il ruolo di Capo della Chiesa Universale e Monarca Assoluto dello Stato della Chiesa.
I Papi e la Chiesa
Per quanto riguarda la Chiesa, la situazione fu, se possibile, ancora più complessa. Papa Clemente IV spostò la sede papale a Viterbo, non gradendo gli ambienti romani, a suo giudizio troppo ghibellini. Alla sua morte, nel 1268, si aprì un lunghissimo periodo di sede vacante, che durò ben mille e sei giorni, durante i quali i Viterbesi segregarono a forza i Cardinali nella grande sala del Palazzo Papale (clausi cum clave) per costringerli ad arrivare a un accordo. Sostanzialmente fu il primo Conclave, anche se formalmente l’istituzione del Conclave è del 1298, quando papa Bonifacio VIII la inserì nel Codice di Diritto Canonico. Nel 1281, a seguito di pesanti intromissioni di Carlo d’Angiò nell’elezione del nuovo Pontefice, il Papa appena eletto, Martino IV (il francese Simon de Brion), scagliò l’interdetto sulla città di Viterbo e, non essendo propensi i romani ad accettare un Papa francese, stabilì la sede papale a Perugia, dove morì nel 1285. Nel 1304 papa Benedetto XI si trasferì a Perugia a causa dei tumulti causati a Roma dalla famiglia Colonna che gli si era rivoltata contro. Proprio a Perugia trovò la morte, secondo le cronache per una banale indigestione di fichi, ma si sospettò dei Colonna e di un veleno noto come Acqua Tofana o Acquetta di Perugia. Il suo successore, eletto a Perugia dopo undici mesi di sede vacante, Clemente V, sottomesso all’autorità del re di Francia, Filippo il Bello, spostò la sede papale a Carpentras, in Francia. E’ passato alla storia per aver sospeso, nel 1307, l’Ordine dei Templari. Il suo successore, Giovanni XXII spostò la sede papale ad Avignone, dove rimase, sotto l’influenza e il diretto controllo del Re di Francia, sino al 1377. Il 27 gennaio di quell’anno, infatti, Papa Gregorio XI, fortemente sollecitato anche da Caterina da Siena, fece il suo ritorno trionfale in Roma. Ad Avignone continuarono tuttavia a eleggere Papi (passati poi alla storia come antipapi) in contrapposizione a quelli che venivano eletti a Roma. Nel tentativo di riconciliare le parti, durante il Concilio di Pisa del 1409, si stabilì che entrambi i Papi in carica erano eretici e scismatici, e si procedette all’elezione di un nuovo Papa, e poi anche del suo successore, prima di riportare la completa autorità a Roma col Concilio di Costanza (1414-1417). In un certo periodo quindi, dal 1409 al 1414 vi furono contemporaneamente tre Papi. L’elezione di Martino V (Oddone Colonna) alla fine del 1417, ricompose lo scisma. La Chiesa seguì la cronologia dei papi secondo la linea “romana” indicando come antipapi gli avignonesi e i pisani. L’ultimo Papa a interessare il periodo storico dominato dai Trinci a Foligno, fu Eugenio IV, il cui pontificato iniziò nel 1431 e terminò, con la sua morte, nel 1447.
Antipapi | |||
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Papa | Nome secolare | Provenienza | Pontificato |
Avignone | |||
Clemente VII | Roberto di Ginevra | Regno di Francia | 1378-1394 |
Benedetto XIII | Pedro Martínez de Luna y Pérez de Gotor | Regno d'Aragona | 1394-1423 |
Clemente VIII | Gil Sánchez de Muñoz | Regno d'Aragona | 1423-1429 |
Benedetto XIV (*) | Jean Carrier | Regno di Francia | 1430-1437 |
Pisa | |||
Alessandro V | Pietro Filargo | Creta | 1409-1410 |
Giovanni XXIII | Baldassarre Cossa | Regno di Napoli | 1410-1415 |
Savoia | |||
Felice V | Amedeo VIII di Savoia | Savoia | 1439-1449 |
(*) In realtà ci furono due antipapi col nome di Benedetto XIV. Il francese Bernard Garnier venne eletto papa "a sua insaputa" nel 1425, proprio da Jean Carrier, che ne prese sia il posto che il nome nel 1430.
Guelfi e Ghibellini
I termini Guelfi e Ghibellini, derivati dalle due famiglie rivali dei Welfen e degli Staufer in lotta per la successione imperiale nella prima metà del XII secolo, denominarono nella penisola italiana della seconda metà del medesimo secolo due fazioni politiche che sostenevano rispettivamente Papato e Impero. In un primo momento i due partiti non ebbero il significato che poi acquistarono successivamente. Furono ambedue partiti imperiali: uno, quello che poi prese il nome di Guelfo, sostenne vari pretendenti della casa di Baviera, tra cui, alla morte di Enrico VI, Ottone IV di Brunswick; l'altro, che poi prese il nome di Ghibellino, portava sugli scudi Federico II. Soltanto più tardi, i Guelfi si sarebbero schierati, non più dalla parte di un Imperatore, ma da quella del Papa. La stessa denominazione di Guelfi e Ghibellini fu un'invenzione linguistica di Firenze, che ebbe straordinaria diffusione in Italia prima e in tutta l'Europa poi.
Origini della casata dei Trinci
Sull'origine dei Trinci non mancarono scrittori apologetici che intrecciarono leggende circa le origini della famiglia, discesa, a loro dire, da Trincio, duca di Forum Flaminii e padre di Landolfo, noto capitano dei Romani, il quale avrebbe anche dato il nome a Foligno, o addirittura da Troia, come cantò per cortigianeria il Vescovo di Foligno, Federico Frezzi, nel "Quadriregio".
Origine Longobarda
Molto più seriamente si può affermare che tale famiglia abbia avuto origine Longobarda e precisamente da Monaldo I, figlio di Mauringo, figlio di Ildebrando della stirpe di Liutprando, e Duca di Spoleto.
La discendenza longobarda della famiglia Trinci è provata dalle formule spesso da loro usate in varie scritture: “Qui ex natione longobardorum profiteor” oppure “secundum lex nostra longobardorum”, di giudizio secondo la legge longobarda, anziché Salica o Romana. E’ noto che i Longobardi, trascorso il periodo dell'invasione con le usuali e conseguenti distruzioni, seppero con il tempo amalgamarsi con i Latini dei quali rispettarono gli usi e per buona parte ne accettarono la religione, cercando di assimilarne la cultura.
I Trinci rimasero nella sfera del Sacro Romano Impero con gli Imperatori Carolingi (800-899) quando Carlo Magno, sceso in Italia, si rifiutò di cedere Spoleto, da cui dipendeva Foligno, al Papa. Successivamente i Trinci passarono sotto gli Imperatori di Sassonia (962-1024) e infine sotto casa di Franconia Hohenstaufen (1027-1250). Per la loro origine, per la loro posizione nella gerarchia imperiale, come per le investiture ricevute, parteggiarono per l'Impero e tale condotta mantennero fino alla morte di Corradino di Svevia(1268). Su questo influì forse anche la parentela per comune origine con i Conti di Coccorone di Antignano, pronotai e siniscalchi imperiali e come tali potentissimi, dai quali, forse, ricevettero in seguito l'eredità sia politica che territoriale.
Tra storia e leggenda
Lo storiografo dei Trinci, Durante Dorio da Leonessa, fissa come capostipite dei Trinci Ildebrando, Duca di Spoleto nell’anno 773, della stirpe di Luitprando e Ildebrando, Re dei Longobardi. Confermato nella sua carica da Carlo Magno nel 774, morì nel 778, dopo aver generato tre figli. Mauringo, l’ultimogenito, successe ai fratelli maggiori come Duca di Spoleto nell’anno 825 o 826.
Nel 1225 un certo Corrado era Capitano di Bertoldo e di Ranaldo, creati Duchi di Spoleto da Federico II Imperatore. Essendo stati essi scomunicati dal Papa, Corrado passò all’esercito pontificio. Nel 1227 era uno dei Capitani principali di Papa Gregorio IX; con l'aiuto degli altri Principi, il valoroso e ingegnoso Corrado fece scavare una trincea dai suoi soldati, in cui fece a pezzi un gran numero di Saraceni che avevano invaso l’Umbria e che, infine, soccombettero e lasciarono l'Italia.
"Per haver Corrado trinciato e ridotto a pezzi i Saraceni nella trinciera da lui ordinata fu cognominato il Trincia, e li suoi discendenti di casa Trinci".
Nel 1228 era Capitano della fazione Guelfa e aiutò il Cardinale Giovanni Colonna a recuperare Foligno per la Chiesa, dal momento che era stata occupata, l’anno precedente, da Corrado Guiscardo, Capitano di Federico II. Nel 1237 Foligno fece lega con Perugia, Spoleto, Todi, Gubbio, Nocera, Terni e Sangemini, tutte di parte Guelfa, ma nel 1240, il 31 di Gennaio, Federico II entrò in Foligno, conquistò la città, ne scacciò Corrado Trincia e i suoi seguaci, installandovi, come Vicario, Tommaso d’Aquino, Conte di Acerra e suo Capitano Generale nell’Umbria (Avo di San Tommaso d’Aquino). I dominatori imperiali fortificarono Foligno, eressero nuove mura includendo al loro interno le contrade che precedentemente erano fuori, come le Poelle, e tutte le abitazioni che si affacciavano verso Perugia. L’edificazione di queste mura contravveniva ai patti stipulati con Perugia nel 1237. Corrado II morì intorno al 1250, dopo aver generato Corrado, Berardo, Trincia, Nardo e Piacenza. Lo stemma nobiliare dei Trinci si fa risalire a questo Corrado: “due teste, e colli a traverso di cavalli neri con le briglie in alto in campo bianco”.
Da Ghibellini a Guelfi
Fin qui è stata evidente l’adesione dei Trinci alla causa imperiale; lo stesso Corrado passò a Papa Gregorio IX solo dopo essere stato Capitano con le milizie di Federico II; l'unica eccezione della casa fu il figlio di lui, Trincia, che militò sempre con i Guelfi in opposizione a tutti i fratelli.
Per dimostrare l'apporto dato dai Trinci alla causa imperiale basta citare il documento di Clemente IV nel quale si legge:
“... e questo è l'incosciente fanciullo Corradino nipote di Federico, già Imperatore dei Romani e scacciato secondo giustizia da Dio e dal Vicario Suo. Suoi strumenti sono gli scellerati Guido Novello, Corrado Trincia e Corrado Capece”.
I Trinci passarono alla parte guelfa solo dopo la morte di Corradino di Svevia intuendo che, data la posizione geografica di Foligno, cosi vicina alla guelfa Perugia e maggiormente a Spoleto, da dove il Pontefice incombeva con la sua minacciosa presenza, la potenza della famiglia poteva derivare solo dalla Sede Apostolica e non più dal lontano Imperatore, la cui autorità, almeno in Umbria, era ormai solo formale.
A seguito della discesa in Italia di Carlo d’Angiò, che spazzò via la dinastia Sveva, i fratelli Corrado e Berardo aderirono alla parte Guelfa. Nel 1288 Corrado fu Podestà di Foligno insieme a Ferrata di Cresciarello Elmi, nobile folignate. Nel 1289 i fratelli Trinci furono entrambi ambasciatori per la pace con Perugia. Corrado morì nel 1293.
Trincia fu, invece, Capo della parte Guelfa di Foligno, avversario dei suoi stessi fratelli. Era stato esiliato da Foligno, insieme ai suoi seguaci e, nel 1254, costituì un grosso esercito, unendosi a Perugia, al Ducato di Spoleto, ai Monaldeschi d’Orvieto, agli Atti di Todi e ad altri Guelfi dell’Umbra, e mosse guerra contro la città di Foligno, sotto la guida del Podestà di Perugia, Giacomo da Ponte. L’esercito perugino devastò i territori circostanti, giungendo a deviare il corso del Topino verso Spello, e pose d’assedio la città. Foligno chiese la pace a costo di grandi umiliazioni giacché gli abitanti dovettero implorare a piedi nudi con le spade rivolte al petto: i Ghibellini folignati capitolarono, promettendo obbedienza e il rispetto dei patti del 1237, demolendo le mura e le fortificazioni attorno alla città. Trincia rientrò in Foligno, rimettendo la città sotto il dominio della parte Guelfa ecclesiastica, e ne fu Vicario in nome di Bonifacio, Rettore del Ducato di Spoleto.
Gli Anastasi
Nel 1264, Anastasio di Filippo degli Anastasi, con l’aiuto dei suoi figli, Gerardo, Ermanno, Filippo e Corrado, si fece Capo dei Ghibellini e dei Popolari di Foligno, riprese il dominio della città e assunse il titolo di Gonfaloniere di Giustizia. Gli Anastasi dominarono Foligno fino al 1289, combattendo spesso contro i Guelfi, capitanati da Trincia. Nel 1280, contravvenendo nuovamente ai patti con Perugia, gli Anastasi, e i Ghibellini di Foligno, vollero nuovamente fortificare la città, ricostruendone le mura, già dirupate dai perugini nel 1254. Più volte i perugini vennero a Foligno per demolire le mura e ogni volta esse furono riedificate: nel Maggio 1283, nel Giugno 1288 e nel Luglio 1289.
Molte città umbre si unirono a Perugia nella guerra contro la solitaria Foligno, guerra motivata dalla lotta contro i Ghibellini, ma tale motivo non fu ritenuto giusto nemmeno dal Pontefice il quale, riusciti vani i suoi tentativi per far sospendere le ostilità, scomunicò Perugia e i suoi alleati e ottenne per Foligno il risarcimento dei danni subiti. La nostra città venne cinta d'assedio per sei lunghi mesi: fame, pestilenza, miseria, imperversavano in ogni vicolo; finalmente, la pace tra le due città venne stipulata, alla presenza del Cardinale Caetani, futuro Bonifacio VIII, e l'anno seguente Martino IV tolse la scomunica ai perugini. E’ da notare che dal 1284 al 1285, proprio durante il dominio dei Ghibellini, Martino IV ricoprì nominalmente la carica di Podestà di Foligno.
Le liti fra le due città, però, non finirono, ora per le mura, ora per le dame, tutto era pretesto per poter riprendere in mano le armi. Ripresa la città, Trincia venne eletto Podestà di Foligno nel 1289. Morì nel 1298, dopo aver generato, con sua moglie Caterina Ranieri, nobile perugina, Nallo, Ugolino e Maddalena. Ad aggravare le sorti della nostra città ci si mise anche il terremoto, violentissimo, del 1298, che arrecò ingenti danni e ridusse a un cumulo di macerie molte abitazioni. A una definitiva riconciliazione tra le due città si arrivò solo dopo aver debellato gli Anastasi.
Alla morte di Trincia, gli Anastasi ripresero il controllo della città con Corrado, figlio di Anastasio. Dalla parte Guelfa, nel 1303, fu nominato Capo Nallo II che, nel 1305, il 23 di Giugno, approfittando della favorevole e non ripetibile occasione che truppe perugine, comandate da Filippo Bigazzini e da Alfreduccio da Alviano, transitavano per il territorio dirette contro la ghibellina Spoleto, con il loro valido aiuto e alla testa dei fuoriusciti guelfi, entrò in Foligno, cacciandone Corrado Anastasi, i Consoli, i Priori, e il Podestà. Corrado Anastasi si rifugiò a Todi con il resto della sua parte.
Ascesa
Nallo di Trincia venne eletto Capitano del Popolo. Questo fu l'inizio della Signoria dei Trinci in Foligno che durerà fino al 1439. In essa si identificherà il periodo più pieno e rigoglioso della storia di Foligno. Mentre i Trinci intuirono che la potenza della loro famiglia poteva derivare dalla Sede Apostolica, gli Anastasi, loro principali avversari, rimasero sempre fedeli all'Imperatore; ma la costante coerenza all'idea professata costò loro la perdita del favore popolare del cui aiuto avrebbero avuto bisogno nei momenti di maggior pericolo. I Trinci, passando al Pontefice, mantennero i privilegi, i beni e ottennero numerose concessioni che servirono a formare e consolidare la loro fortuna. Anche la "falsa" amicizia e la fedeltà che conservarono verso la vicina e guelfa Perugia, servì a costruire una solida base del predominio su Foligno e l'espandersi della loro Signoria.
In ogni tempo però, i compromessi politici e i giochi di potere, sembrano essere stati alla base di arrivismi personali. Solo quando questa fedeltà darà segni di cedimento avrà inizio la fine della loro Casa che, tra l'altro, aveva anche saputo contrarre vincoli di cospicua parentela con quasi tutti i Signori Italiani: dagli Este ai Caetani, dai Visconti agli Orsini, dagli Sforza ai Montefeltro, ai Baglioni, tralasciando i minori e senza annoverare la ricercata amicizia di re transalpini quali Ludovico d'Ungheria.
Ai Trinci giovò la lunga lontananza dall'Italia della Sede Apostolica; l'aver difeso gli interessi terreni della Chiesa durante i tempi difficili del periodo Avignonese e l'ossequio, sia pure formale, procacciò loro l'appoggio del lontano Pontefice. La massima estensione territoriale fu raggiunta proprio in questo periodo sotto il vicariato di Corrado II (1377-1386) e di Ugolino III (1386-1415) durante il quale la Signoria comprendeva, oltre a Foligno, Bevagna, Montefalco, Bettona, Collemancio, Giano, Gualdo Cattaneo, Limigiano, Nocera, Pissignano, Trevi, Valtopina, Sellano, Colfiorito, Annifo oltre tutti i castelli disseminati nel territorio e i presidi. Anche nel governo della città essi si dimostrarono, in certo qual senso, liberali. Superati i primi anni di assestamento della loro Signoria, lasciarono sopravvivere il tradizionale spirito ghibellino della città con un guelfismo molto moderato, accattivandosi così la devozione del popolo altamente dimostrata non solo in occasione dei vari tentativi di rientro degli Anastasi, ma maggiormente quando, per riscattare Corrado imprigionato dai Vitelleschi e malgrado le inaudite crudeltà di costui, fu raccolta la somma sufficiente per il suo riscatto.
Caduta
Corrado III, una volta avuta “la signuria et lu dominiu”, mise subito in chiaro che non era fatto della stessa pasta del padre. Si fece continuamente beffe dell'autorità papale, della quale ignorò le scomuniche (venendo poi puntualmente ribenedetto), venendo a patti con gli eserciti inviati a spodestarlo. Per lungo tempo si tenne in equilibrio tra la Chiesa e i suoi nemici, giungendo fatalmente al momento della resa dei conti. Il Cardinale Giovanni Maria Vitelleschi, inviato da papa Eugenio IV, non intavolò alcun patteggiamento con Corrado, a differenza di Francesco Sforza quasi vent'anni prima: strinse d'assedio la città di Foligno finché non furono proprio i suoi abitanti a consegnargli l'intera famiglia Trinci. Imprigionato nella Rocca di Soriano nel Cimino, con i suoi due figli superstiti, venne giustiziato insieme a loro il 14 giugno 1441.
Secondo Durante Dorio un nipote di Corrado, Iafet, figlio di Francesco, sarebbe sopravvissuto, ma la famiglia si sarebbe comunque estinta nel 1452.
Genealogia
Genealogia della Casata dei Trinci |
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I Trinci Signori di Foligno
XIV Secolo
Nel 1305 i Trinci divennero Signori di Foligno, cacciando i ghibellini Anastasi grazie all'aiuto di nobili spoletini e perugini.
Il primo Signore fu Nallo (nipote del capostipite Corrado), che guidò la Signoria dal 1305 al 1318 circa. Da lui in poi i Trinci governarono assumendo la qualifica di "Gonfalonieri di Giustizia".
I Trinci hanno metodicamente e inesorabilmente provveduto a rinsaldare la propria signoria e a eliminare con processi o con violenze i propri avversari. Il 3 dicembre 1311 il pontefice Clemente V concesse loro il perdono per le violenze perpetrate ai danni dei Fulignati.
Dal 1314, ormai saldamente ed irreversibilmente padroni del potere a Foligno, i Trinci si dedicarono alla redazione degli Statuti del comune per "cancellare ogni traccia del recente passato regime ghibellino capeggiato dall’Anastasi, che Nallo Trinci aveva debellato per sempre nel luglio 1305".
Nel 1321 venne quindi il dominio del fratello, Ugolino I, uomo di virtù militari più che politiche, che durò sino al 1338.
Nel 1322, grazie ai buoni uffici di Ugolino Trinci, Signore di Foligno, la stremata Assisi il 30 marzo si sottomette a Perugia. I Guelfi concentrano i loro sforzi per far cadere il governo ghibellino di Spoleto. Sullo scorcio di maggio furono tutti in campagna con un esercito senza paragone. Poncelletto degli Orsini e Oddo di Ongaro degli Oddi erano capitani dei Perugini, guidava il Rettore e altre genti del ducato di Spoleto. Al finire di detto mese si mossero contro Spoleto sotto il comando di messer Ugolino Trinci, generale di tutta l’oste. Nell’ultimo quadrimestre dell’anno, il capitano generale dell’esercito perugino, messer Ugolino Trinci, condusse cavalieri e fanti contro Spoleto. Il centro delle operazioni era il castello detto di Terranova, sul monte di Arrone, sopra Spoleto. L’obiettivo era quello di "gettare per terra case e palazzi de’ ghibellini spoletini, perché, atterriti da’ danni, venissero quanto prima a terminare la guerra e a tornare all’obedienza del Papa".
Nel 1323, alla fine di maggio, i Perugini strinsero fortemente d'assedio Spoleto. Vi inviò soldati anche Siena: 200 cavalleggeri e 500 fanti, al comando di messer Niccolò Saraceni, Montepulciano, Camerino e Orvieto che mandò 50 cavalleggeri, comandati da Pietro Novello Monaldeschi e dal conte Lionello di Farulfo Montemarte. Il comandante generale dell’esercito era messer Ugolino Trinci, e il capitano dei Perugini in tale impresa era messer Poncelletto di Matteo Orsini.
1326. L’11 luglio morì il vescovo di Foligno, Bartolomino. Il giorno seguente, con eccezionale prontezza, il Capitolo della Cattedrale elesse all’episcopato cittadino un giovane uomo di appena 27 anni: Paolo di Nallo Trinci, il quale era un semplice canonico. Il Pontefice, con disposizione del 12 agosto, confermò la scelta del Capitolo; la rapidità della reazione della curia testimonia il favore di cui i Trinci godevano ad Avignone.
Nel 1330, approfittando delle turbolenze create dalla discesa di Ludovico il Bavaro in Italia, i Trinci riuscirono a impadronirsi anche di Assisi, che volentieri si era sottratta al dominio di Perugia. Giovanni XXII reagì con sdegno all’usurpazione e istruì il Rettore del Ducato, Giovanni di Amelia, perché perseguitasse i Trinci con le censure ecclesiastiche.
Il 16 novembre 1331, Giovanni XXII scrisse a Ugolino Trinci, esortandolo a tornare alla lodevole consuetudine di fedeltà alla Chiesa, dimostrata in molte occasioni in mezzo a tante avversità, e ora sconfessata da azioni di rapina ai danni di mercanti in transito nel Ducato. Qualche giorno dopo, il papa scrisse al rettore del Patrimonio lamentandosi del fatto che i Trinci avessero cercato di formare una lega con Gubbio e altri comuni umbri, a danno della Chiesa. I Trinci avevano assaltato la curia ducale a Montefalco e Serra Rotandola.
Nel 1333 i Trinci erano nuovamente tornati obbedienti alla Chiesa. Il 16 novembre il pontefice Giovanni XXII ringraziò il comune di Perugia di quanto fatto per ricondurre all’obbedienza i signori di Foligno, Ugolino Trinci e suo nipote Corrado, a lungo ribelli della Chiesa. Già il 20 aprile di questo anno, il papa raccomandò al Rettore del Ducato "il diletto figlio Ugolino Trinci", il quale, evidentemente, si era già ravveduto e sottomesso.
1334. I Trinci approfittarono della morte del Papa per far trovare il suo successore di fronte al fatto compiuto: si impadronirono di Bevagna e Montefalco. Corrado Trinci riuscì a farsi nominare Capitano di Giustizia e Gonfaloniere di Bevagna, carica che amministrò tramite un suo vicario. Già dal 14 marzo, Giovanni XXII aveva sollecitato Perugia a intervenire per aiutare il Rettore del Ducato nella sua missione di punizione di Corrado Trinci, "tamquam vir iustitiae hostis", il quale aveva devastato il territorio di Bevagna.
1336. I Trinci si pacificarono con la Chiesa Con lettera del 7 agosto, papa Benedetto XII incaricò Bertrando d’Ebrun dell’arbitrato tra i Trinci, colpevoli di aver commesso "rebellionem, rumorem, concitationem et alios enormes excessos" contro la Chiesa, e il Rettore del patrimonio. Come dice Giovanni Lazzaroni: "in questo periodo nello Stato della Chiesa regna la più completa anarchia: i comuni si governano liberamente e i signori, quando non sono ribelli alla Chiesa, si limitano ad un riconoscimento formale dell’autorità del papa, il quale, in quelle circostanze non può fare altro che accettare la situazione di fatto, preferendo alla ribellione aperta l’ossequio formale".
Nel 1338 morì Ugolino Trinci e Corrado I rimane unico signore di Foligno con i titoli di Gonfaloniere e Capitano di parte guelfa. Ugolino non aveva figli maschi, solo una femmina, Maddalena, sposata a Cecco di Farulfo Montemarte, conte di Titignano.
Nel 1341, per tre mesi, il Signore di Foligno Corrado I di Nallo Trinci, assunse anche la carica di Podestà della città. Poi, il 18 giugno, Siena gli offrì l’incarico di capitano "dei quattrini o dei Cento carri, sopra la custodia della città". L’ufficio doveva iniziare il primo settembre e durare 6 mesi. Corrado accettò delegando un suo familiare a ricoprire l’incarico: Pucciarello di Giacomuccio da Foligno. Il 18 luglio venne firmata una lega tra Cascia, Norcia e Leonessa, nel documento vennero elencati i massimi rappresentanti del potere nel Ducato di Spoleto, il Rettore generale del Ducato, il frate gerosolimitano Rambaldo da Montbrion, il Vescovo di Foligno, Paolo Trinci, e i messeri Corrado e Ciolo dei Trinci.
La salute di Corrado da tempo non era delle migliori e già nel 1339 Assisi si era rivolta al figlio di Nallo e fratello di Corrado, Ugolino Novello, per chiedergli di non dare ricetto ai ribelli. Nel 1342 poi, Firenze chiese a Ugolino di diventare suo Podestà, ma egli rifiutò per delicatezza nei confronti del fratello e per le sue critiche condizioni di salute.
Il 13 gennaio 1343 morì Corrado di Nallo Trinci. Ugolino Novello di Nallo, suo fratello, divenne signore di Foligno. Ugolino era uomo di gran prestigio; costretto a declinare l’incarico e l’onore una prima volta, per la malattia mortale di suo fratello Corrado, venne nuovamente nominato Podestà di Firenze il 20 dicembre di questo anno.
Il 29 settembre 1345 Ugolino Novello di Nallo Trinci, Signore di Foligno, con l’aiuto di Rodolfo Varano, Signore di Camerino, compose amichevolmente il contenzioso che opponeva Colfiorito e Dignano per motivi di confine. Il 25 maggio, Ugolino aveva aiutato gli uomini del castello di Orsano a delineare i propri confini sulla montagna e nella foresta. Tutte occupazioni civili da tempo di pace, ma Ugolino sarà impegnato in ben’altre imprese, all’arrivo di re Luigi d’Ungheria.
Il 19 settembre 1346, Ugolino di Nallo Trinci appariva designato come "Vessillifero del Popolo", quindi Signore, a tutti gli effetti, di Foligno. Suo figlio Trincia risultava associato al potere.
Gli ambasciatori di Luigi d'Ungheria (uno di questi era il fratello bastardo del re: l'Arcivescovo di Ungheria, delle Cinquechiese), con 200 Ungheri e con i forzieri stracolmi d'oro, il 24 aprile 1347 arrivarono a Ferrara per chiedere il passaggio per il re che intendeva andare nelle Puglie. Obizzo d'Este li accolse squisitamente. L’Arcivescovo si recò poi da Mastino della Scala. Quindi passò per tutti i Signori della Romagna, e nel suo itinerario assoldò quanti più armati i suoi denari poterono comprare. Quando arrivò da Ugolino Trinci a Foligno, aveva già più di mille cavalieri. Uno degli ambasciatori tornò dal re per annunciargli che sarebbe stato ben ricevuto in tutto il suo passaggio e in Puglia. Il Vescovo delle Cinquechiese a Foligno fu ospite di Ugolino Trinci. Il tiranno di Foligno puntava sul successo di re Luigi d'Ungheria per rafforzare il proprio potere personale, infatti aveva già aiutato ser Lalle Camponeschi nella ribellione dell'Aquila. Vennero a Foligno, come ambasciatori, due giudici del seguito del Podestà di Perugia, messer Ridolfo Panciatichi di Pistoia. Anche Perugia decise per il monarca ungherese e a luglio gli inviò un contingente di militi al comando di Cecchino di messer Vinciolo Vincioli, per aiutarlo nella difesa dell'Aquila. La comitiva regale pervenne a Foligno il 20 dicembre. Qui, presso Ugolino Trinci, uno dei suoi primi alleati, lo raggiunsero ambasciatori del Papa che lo misero in guardia dall'estendere troppo la propria vendetta e dall'insignorirsi di Napoli senza l'avallo del Papa. Ma Luigi ne fece pochissimo conto.
Ugolino Novello morì nel 1353 (secondo alcune fonti, egli era già morto nel 1349); gli successe il figlio Trincia.
A quei tempi, si trovava in Italia Jean Montreal du Bar, condottiero francese che, per il suo passato di frate nell'ordine degli Ospitalieri, veniva chiamato Fra' Moriale. Trovatosi in difficoltà a causa di signorie e comuni che non avevano pagato i suoi servigi, si fece promotore di una lega tra i capitani che militavano in Toscana, nella Marca e in Romagna, e che si trovavano nelle sue stesse condizioni. Promettendo loro paghe larghe e puntuali, raccolse attorno a sé circa tremilacinquecento "huomini vaghi d’havere loro vita alle spese altrui", organizzandoli sotto il nome di "Gran Compagnia". Nel 1353, "attraversata come una maledizione la Marca di Ancona, dal contado di Camerino si diresse verso Foligno, nel cui territorio assediò il castello di confine di Colfiorito, per dirigersi poi verso Perugia che fu costretta a pagare la sua tangente, e verso Todi, per poi tornare indietro sempre minacciosa nel ducato di Spoleto". Dopo aver svernato ed imperversato nelle Marche, la Gran Compagnia, in giugno arrivò nel folignate. Venne dall’aver assediato inutilmente Spello, dove aveva perso molti soldati nei vani attacchi alla città ben fortificata e ben difesa, e si era quindi dovuta accontentare di saccheggiare e devastare il territorio. Ricevette il permesso dal Vescovo che governava Foligno, Paolo Trinci, fratello di Ugolino, di far entrare disarmati i soldati in città per acquistare panni, arnesi, rifornimenti e armature.
1354. Mentre il papato continuava a risiedere in Avignone, il cardinale Egidio Albornoz era impegnato allo spasimo nel riconquistare e consolidare il dominio di San Pietro in Italia.
Ad egli bastava che i “tiranni” avessero riconosciuto la sovranità della Chiesa ed egli avrebbe conservato loro il dominio della città o del territorio, ma come Vicario della Chiesa.
La validità di questa politica albornoziana è testimoniata dal caso di Foligno, dove, al momento della discesa del Legato in Italia, i Trinci, che ricoprivano sia la carica di Signore (Trincia) che di Vescovo (Paolo) della città, erano ostili ad Albornoz, per poi assoggettarsi a lui non appena constatano che era possibile conservare la signoria cittadina. Il cardinale Albornoz riconobbe tale precoce soggezione, e si recò a Foligno verso la fine del 1354 e rimanendovi diversi mesi, prima di passare alla sottomissione della Marca. A Foligno, Albornoz ottenne la soggezione di Spello, Gubbio, Norcia e Spoleto e poi Gualdo, Bettona e Assisi. Trincia Trinci venne nominato Capitano dell’esercito ecclesiastico nella guerra contro i Malatesta.
Il 4 febbraio 1355 Albornoz era a Foligno, per assistere all’atto formale con il quale i fuorusciti poterono rientrare in città. Oltre ai vescovi di Foligno, di Urbino e di Ferrara, erano presenti Trincia Trinci, signore di Foligno, Ungaro degli Atti di Sassoferrato, i da Varano.
Nel 1366 il comune di Spoleto, temendo l’avvicinarsi della Compagnia della Stella del Baumgarten, inviò ambascerie a Trincia per ottenerne l’aiuto. Albornoz in persona si recò poi a Foligno per cercare di reclutare Giovanni Acuto e utilizzarlo contro Perugia. Egidio Albornoz fornì il suo parere positivo sulla richiesta di Trincia di essere infeudato del castello di Bevagna per un censo annuo di 500 fiorini, mentre il castello non ne rendeva più di 400 alle casse pontificie. Nella seconda parte di questo anno, a conferma dell’importanza di Trincia, il Rettore del ducato di Spoleto, inviò ben otto ambascerie al signore di Foligno. Albornoz, quando risiedeva a Foligno, si sentiva completamente sostenuto da Trincia Trinci, uno di quelli che erano accorsi al suo fianco sin dalla prima ora. Foligno era doppiamente utile, specie nel momento in cui Perugia era addirittura nemica.
1367. A conferma della fedeltà di Trincia Trinci e della sua importanza strategica in Umbria, il Papa, anche dopo la morte del protettore di Trincia, Egidio Albornoz, non mancò di manifestargli il suo favore e il 29 novembre concesse al Trinci il titolo di suo Vicario per Foligno per dieci anni; il censo era di 1.500 fiorini annui, da pagarsi in due rate. Il titolo veniva riconosciuto come ereditario e poteva essere trasmesso, in caso di morte di Trincia, a suo fratello Corrado, associato già al potere, e quindi a suo figlio Ugolino.
Nel 1370, a testimonianza dell’alto grado di autonomia garantito e della fiducia accordata a Trincia Trinci, Signore di Foligno, Urbano V, l’8 gennaio, gli riconobbe il diritto di giudicare tutte le cause civili e penali riguardanti i cittadini di Foligno. Proibì inoltre al Rettore del Ducato di Spoleto di interferire con tale diritto. La deliberazione venne presa per discordie e scandali, a noi ignoti, che tale inframettenza aveva provocato in passato. La curia del Ducato conservava la sua autorità nelle cause d’appello.
Nel 1371, confermando la fiducia del suo predecessore nella lealtà e capacità di Trincia dei Trinci, Signore di Foligno, Gregorio XI, il 7 giugno, prorogò per altri sei anni la durata del vicariato apostolico, portandola a un totale di sedici anni; qualche giorno prima aveva assolto Trincia e i suoi consanguinei Ugolino Novello, padre di Trincia, il vescovo Paolo e Corrado di Nallo, zii di Trincia, l’avo Nallo e Ugolino, nonché suo fratello Corrado, da qualsiasi illegalità da essi operata e ciò in riconoscimento dell’inossidabile lealtà di questa dinastia alla causa della Chiesa. Quando Trincia usò la forza, nel 1371, per occupare Bevagna, Gregorio XI accettò lo stato di fatto nominandolo Vicario apostolico anche per Bevagna e, il 30 dicembre, lo creò generale di Santa Chiesa e Gonfaloniere generale del Ducato di Spoleto. Constata Giovanni Lazzaroni: "Il dominio dei Trinci giungeva così al massimo della potenza". Trincia si era comportato con estrema prudenza nel corso della guerra tra Chiesa e Perugia, egli aveva ospitato nella sua città e nel suo palazzo i legati pontifici, ma si era astenuto dal combattere la forte Perugia. La lealtà dei Trinci alla causa guelfa venne testimoniata l’anno successivo, il 21 giugno, quando Firenze concesse la sua cittadinanza a Trincia e Corrado.
Nel 1371 il Cardinal Pietro Bituricense dette il possesso di Bevagna a Trincia Trinci, Signore di Foligno. A questi consegnò personalmente il bastone del comando, col quale lo investiva del governo di Foligno e Bevagna, in nome della Chiesa.
1374. Il prestigio del Signore di Foligno, Trincia Trinci, era in costante aumento. La sua politica di totale fedeltà alla Chiesa stava ripagando la sua dinastia: il Legato Pietro d’Estaing gli aveva dato il possesso di Bevagna nominandolo Generale di Santa Chiesa e Gonfaloniere del Ducato di Spoleto. Il 19 dicembre 1374, quando Trincia ebbe delle difficoltà a pagare il censo alla Chiesa, il papa gli dimostrò la sua benigna disposizione d’animo prorogandogli, senza problemi, il pagamento.
1375. Nell’archivio di Stato di Firenze sono conservate alcune lettere che i Dieci di Balia inviarono al signore di Foligno per convincerlo ad unirsi ai “collegati della libertà”. I Dieci lo esortavano a entrare a far parte della lega. Non disponiamo della risposta di Trincia, che supponiamo articolata evasivamente, però troviamo il signore di Foligno ancora leale nei confronti della Chiesa, malgrado i Fiorentini insistano e minaccino.
1376. Mentre la ribellione alla Chiesa dilagava quasi ovunque nell’Italia Centrale, in Foligno i fratelli Trinci, Trincia e Corrado, resistevano imperterriti alle lusinghe e alle minacce che rivolgeva loro Firenze. Questa, capofila della ribellione, indirizzava lettere piene di lusinghe e nelle quali tratteggiava i vantaggi dell’adesione alla generale lega contro la Chiesa; poi, di fronte al rifiuto continuato di Trincia Trinci, il tono trascorse verso il sorpreso e quasi scandalizzato per la “rovinosa ostinazione” del Signore di Foligno. Infine lo ammonivano: "rischi di rimanere isolato in Italia ed esposto a sicura rovina". Trincia mantennne la sua lealtà verso la Chiesa, questa era stata la politica del suo lignaggio nei decenni passati e questa lealtà aveva fruttato il favore dei papi; non vedeva nessun motivo per cambiare tale politica. Oltre a Foligno, Trincia Trinci era anche Conservatore e Governatore di Montefalco. Firenze, vistasi incapace di persuadere Trincia, pregò Galeotto Manfredi di esercitare pressioni sul signore di Foligno. Il Papa compensò tanta rara lealtà condonandogli il censo per Foligno e Bevagna e lodandolo.
1377. Corrado Trinci, fratello del Signore di Foligno, avuto sentore di un trattato per dare Bevagna alla Lega, vi si recò con "un buon numero di cavalli e di fanti"; la corse al nome dei Trinci, affrontò i traditori che avevano preso le armi, e, dopo una dura battaglia, rimase vittorioso. Rastrellò la città alla caccia di tutti i partigiani della lega, assassinandone molti, e infine concesse alle sue truppe di saccheggiare la sventurata Bevagna. Tale e tanta fu la rovina che la città, per un poco, rimane deserta. Nel frattempo erano giunti a Foligno trecento cavalieri Bretoni, al soldo del Papa, presenza scomoda anche per gli alleati, tanto che messer Trinci, non fidandosi di loro, li inviò a soggiornare nella devastata Bevagna. Il 29 giugno il Cardinale Pietro d’Estaing lasciò Todi, trasferendosi a Montefalco. Riteneva questa località più adatta a portare attacchi contro Perugia, per la vicinanza con Foligno e quindi con le truppe del Trinci. Le sue pattuglie non incontrarono soldati perugini e poterono arrivare indisturbate fino a Ponte San Giovanni, predando e deportando gli abitanti del contado. Fu poco più di un’azione dimostrativa, ma cadde nel periodo in cui le messi erano quasi mature, e quindi le devastazioni furono molto più dolorose. I Perugini, intimoriti, provvidero ancor più diligentemente alla difesa. Firenze inviò un capitano con cento lance, e poi altre centocinquanta, comandate da un fratello del conte Lucio Lando. Perugia poteva contare su cinquecentocinquanta lance per proteggere il territorio; non solo: i Perugini poterono anche permettersi di uscire in campo aperto e scacciare il nemico fuori dei confini. Visto l’orizzonte sgombro di nemici, i Perugini corsero il Folignate, assaltarono Serra del Visconte, un castello della Val Topina, risalirono la valle, conquistarono Rodione e Gualdo Tadino. Coldimancio si dette a Perugia, e i soldati scacciarono da Bevagna il presidio Bretone. Da bravi vicini, tra Spoleto e Foligno non correva buon sangue, per contese di confine, ma vi era da pensare a mietere il raccolto, e le parti conclusero un accordo secondo il quale ogni città potesse dedicarsi a questa attività senza temere incursioni dall’altra. Ma i Folignati non tennero fede alla propria parola, uscirono "con gran impeto dalla città", assalirono i mietitori, uccidendone alcuni e catturandone duecento. Spello era sotto la protezione di Perugia, che immediatamente inviò il Tedesco messer Pietro dalla Corona, a punire i traditori. Il ben provveduto cavaliere inviò alcuni dei suoi ad assaltare una torre tenuta da una guarnigione di Foligno. I Folignati, convinti di poter facilmente legnare l’esiguo contingente perugino, uscirono dalle sicure mura della città, ma messer Pietro era soldato esperto: aveva disposto il grosso dei suoi militi in luogo nascosto, e quindi in buon ordine assalì i Folignati da tutte le parti, sgominandoli.
Il 28 settembre, Napoleone e Corradino di Cola di Ranaldo, esponenti di una famiglia tradizionalmente avversa ai Trinci, compirono un colpo di stato in Foligno. Approfittando della presenza della compagnia del conte Lucio di Landau nella zona e dell’assenza dei congiunti di Trincia Trinci, Corradino, un bastardo della famiglia di Cola di Ranaldo, sollevò la popolazione di Foligno e la condusse contro il palazzo Trinci. La resistenza venne facilmente vinta, gli armati sciamarono fino alla sala del Signore e il bastardo lo gettò dalla finestra del palazzo. Il cadavere, crivellato di ferite, giacque per più giorni sul selciato della piazza, senza che nessuno ardisse rimuoverlo. Messer Trincia aveva tragicamente concluso la signoria della sua famiglia che era durata, il Pellini puntigliosamente precisa, 72 anni, 3 mesi e 8 giorni. Ugolino, il figlio di Trincia, era in un castello del territorio, e qui venne imprigionato; Corrado, fratello di Trincia, era ad Anagni presso il Pontefice, e qui venne raggiunto dalla tragica novità. I Perugini decisero subito di tentar di sfruttare la favorevole occasione, incaricarono oratori di recarsi da Napoleone e Corradino che si erano insignoriti di Foligno, offrendo tutti gli aiuti militari necessari al nuovo regime per rintuzzare la prevedibile reazione dell’esercito della Chiesa. Napoleone e Corradino chiarirono che non volevano entrare nella Lega, ma offrirono una tregua d’armi di un anno. Il 20 ottobre la tregua venne conclusa.
Il 6 dicembre i partigiani della famiglia Trinci sollevarono la popolazione e la condussero contro le case di Napoleone e Corradino di Cola di Ranaldo. Il quartiere venne saccheggiato e tutti gli occupanti furono scacciati fuori di Foligno, quasi senza spargimento di sangue: "non vi morì se non uno di bassa e vile condizione". I ribelli, al grido di "Viva il Popolo!" richiamarono in città Corrado Trinci, che da quando era tornato da Anagni risiedeva a Spoleto, e gli dettero il Gonfalone del Popolo, simbolo di Signoria. Ugolino venne liberato dal castello in cui era detenuto. Corrado pregò i Perugini, che sicuramente non erano stati estranei al rivolgimento, di pazientare qualche mese, prima che Foligno aderisse alla Lega.
1378. Corrado Trinci, rientrato nella sua Foligno da un paio di mesi e insediato nella sua signoria della città, concluse una tregua con Firenze e la sua lega l’8 febbraio. Corrado innovò la linea politica di suo fratello Trincia, lasciando la fedeltà alla Chiesa e unendosi ai ribelli e viscontei. I suoi procuratori, che firmarono l’atto, agirono anche in nome del giovane Ugolino Trinci. Nel documento appaiono sotto la diretta protezione di Perugia: Nocera, Gualdo Tadino, Spello, Cannara, Gualdo Cattaneo, Torre del Colle di Radione, Gaglioli, Colle Mancio e Castelbuono. Corrado Trinci e suo nipote Ugolino del fu Trincia, fino allora avevano abitato nelle loro antiche case poste nella società degli Ammanniti (futuro Palazzo Vitelleschi); subito dopo la morte di Trincia, si trasferirono nel palazzo dove è la canonica della Chiesa Maggiore della città, nella Piazza Vecchia, proprio di fronte ai palazzi dei Priori e del Podestà, una sottolineatura del proprio potere civile. La tregua, stipulata in febbraio con Corrado Trinci, gonfaloniere di Foligno viene rinnovata il 20 settembre.
Nel 1379 i Perugini agirono da arbitri del conflitto che opponeva Bevagna a Corrado e Ugolino Trinci. La rocca di Bevagna, quando recuperata, perché al momento era in potere degli uomini dell’antipapa Clemente VII, sarebbe stata messa nelle mani di Bartolomeo, signore di Sanseverino.
Il 28 marzo 1380, grazie all’intermediazione di Corrado Trinci, Signore di Foligno, venne conclusa la pace tra Spoleto e Norcia.
1382. I rapporti di Perugia con il Signore di Foligno, Corrado Trinci, erano buoni, ma vigili, infatti molti e ravvicinati erano i patti che confermavano la loro amicizia e i loro confini. Da documenti interni a Foligno, appare che i Trinci stessero agendo su un territorio più vasto di quello che era loro concesso da Perugia, sembravano infatti attivi su Giano, Gaglioli, Montefalco e Bevagna. Corrado Trinci aveva al suo servizio, probabilmente tra altri, un contingente di soldati ungheresi che prestò ad Assisi prima della metà di questo anno.
Il 10 ottobre 1386 morì Corrado Trinci, che dal suo matrimonio con Anna di Montefeltro non aveva avuto figli. Gli successe alla guida di Foligno suo nipote Ugolino, figlio del defunto Trincia. Ugolino aveva sposato nel 1364 Costanza Orsini, figlia di Aldobrandino di Guidone, Conte di Pitigliano. Egli aveva affiancato suo zio Corrado nell’esercizio del potere, quindi la transizione avvenne senza scosse.
Nel 1388, gli eserciti mercenari di Averardo della Campana, Tedesco, Guido da Siena e Bernardo della Sala, si diressero verso Spello e nel territorio di Assisi, devastando tutto ciò che incontravano. Perugia si mobilitò a difesa e assoldò quattrocento lance a dodici fiorini al mese per lancia ottenendo anche l’aiuto di Giovanni Ordelaffi, versandogli quattrocento fiorini. Ugolino Trinci accorse in aiuto di Perugia con cento lance.
Il 16 marzo, in Foligno, il procuratore di Ugolino Trinci, Giovanni di Ceccarello di Venturello, comprò per la fantastica cifra di settecento fiorini d’oro un complesso di case che si affacciavano sulla Piazza Grande: il nucleo del Palazzo Trinci.
Il 16 settembre, nella cappella del palazzo dei Priori di Perugia, venne messa a punto un’alleanza tra Perugia e Foligno con Ugolino Trinci. Il trattato era destinato a durare in perpetuo ed era di mutuo soccorso, incluso il rifiuto vicendevole di ospitare i ribelli o armati ostili all’alleato. Poco prima Ugolino aveva prestato duemila fiorini alla bisognosa Perugia, per aiutarla a pagare i propri assoldati.
Il 14 luglio 1389 il papa nominò Ugolino Trinci, Signore di Foligno, a castellano e custode di Montefalco, ruolo che Ugolino già ricopriva da tempo e di fatto. In questo stesso anno, una sorella di Ugolino, Marina, sposò Renzo di Luca Savelli, un esponente di una grande dinastia di Roma. Marina portò seicento fiorini di dote.
Nell'ottobre del 1390, Ugolino Trinci partecipò all’assedio di Spoleto, diretto dai fuorusciti di Perugia e da Broglia di Trino.
1392. In gennaio, Ugolino Trinci, Signore di Foligno, era con il fratello del Papa e Rettore del Ducato, Andrea Tomacelli, all’assedio della Rocca di Spoleto. Ugolino Trinci era da tempo ritornato alla tradizionale politica di lealtà alla Chiesa della sua famiglia. Egli aveva partecipato ad azioni militari con i fratelli di Bonifacio IX, e il 17 agosto, il papa lo volle compensare in diversi modi, annullando i debiti di suo padre verso la Camera Apostolica; inoltre lo nominò Vicario di Foligno per la durata di dodici anni con censo annuo di mille fiorini d’oro. Ugolino ottenne poi il vicariato per cinque anni sulle terre di Montefalco e Bevagna e sui castelli di Giano, Montecchio e Castagnola, la Valtopina e la rocca di ponte di Cerreto. Il censo per ciò era solo un falcone per Montefalco e un bracco per Bevagna.
1394. In giugno vi furono intense trattative di Ugolino Trinci, signore di Foligno, con il comune di Spoleto. Erano chiaramente trattative di pace, cui chiesero di unirsi anche feudatari o proprietari della regione. Le trattative però si prolungarono e solo il 30 novembre successivo vennero felicemente concluse. Mentre trattava la pace in Umbria, Ugolino continuava a tenere d’occhio i confini del suo potere e in questo anno riuscì ad acquistare gli importanti castelli Piediluco e Miranda, al confine tra Terni e Rieti, quindi molto lontano da Foligno. Le fortezze vennero vendute da Luca di Niccolò Spinelli di Giovinazzo per sedicimila fiorini d’oro.
1395 Non appena Biordo Michelotti divenne Signore di Todi e Orvieto, iniziò a confrontarsi ostilmente con Ugolino Trinci, Signore di Foligno, che aveva il torto di sostenere gli Atti, fuorusciti di Todi.
Il 28 gennaio 1396, il papa sollecitò Ugolino Trinci, Signore di Foligno e fedelissimo della Chiesa, a combattere contro Biordo Michelotti, Signore de facto di Perugia e, a tal fine, lo dotò di trecento lance assunte dalla Camera apostolica.
Nacquero dissidi tra Biordo Michelotti e i suoi fratelli nei confronti di Ugolino Trinci. I magistrati di Perugia vedevano con preoccupazione le fratture tra il loro miglior capitano e un alleato fidatissimo e pregarono Gentile Varano, Signore di Camerino, di adoprarsi per riconciliarli. Intanto, Ugolino Trinci ricopriva il ruolo di campione della causa pontificia in Umbria e il comune di Spoleto, con il quale da poco il signore di Foligno aveva fatto la pace, in febbraio lo sollecitò a vegliare a sostegno della parte guelfa. Il 9 maggio, Ugolino venne eletto Podestà di Rieti, ma dovette rinunciare per i suoi impegni a difesa della Chiesa. Ugolino specificò che egli doveva combattere contro Malatesta Baglioni, Ceccolino Michelotti, il conte Francesco da Carrara, altri seguaci di Biordo, oltre alle comunità di Sellano, Castelbuono e Collemancio.
Il 10 luglio venne concluso un importante contratto di matrimonio per l’Umbria: Uguccione Casali, signore di Cortona, concesse la mano di sua figlia Armellina al figlio di Ugolino Trinci, Corrado.
Il 3 febbraio 1398, il papa dimostrò nuovamente il suo apprezzamento per il leale servizio di Ugolino Trinci: gli abbonò alcuni pagamenti arretrati del censo, gli concesse una ampia assoluzione per qualsiasi reato commesso e gli concesse di poter trasmettere il vicariato ai suoi figli ed eredi, fino alla quinta generazione, dietro pagamento di un censo annuo di mille fiorini. La crescente influenza di Ugolino era testimoniata anche dalla lega conclusa il 13 aprile tra Firenze, Venezia, Bologna, Padova e i signori di Padova, Ferrara e Mantova, alla quale venne ammesso anche il signore di Foligno. Scrive Giovanni Lazzaroni: "Durante il vicariato di Corrado II (1377-1386) e di Ugolino III (1386-1415) il dominio dei Trinci raggiunse forse la maggiore estensione territoriale, giungendo fino al comune di Leonessa e comprendendo una notevole parte dell’ex-ducato di Spoleto, da Assisi a Montefalco, da Bevagna a Trevi, a Giano, a Nocera, a Valtopina".
Il 6 ottobre arrivarono a Perugia ambasciatori di Firenze il cui scopo era riportare la pace tra Perugia e Ugolino Trinci. Ugolino era l’uomo che il Papa aveva scelto per cercare di far cadere Perugia nell’orbita della Chiesa. Anche se non ci riuscì, e anzi, il comune preferì darsi al Visconti, il Signore di Foligno fu un uomo leale e fedele alla Chiesa, merce rara in un periodo di totali slealtà e doppiezze. Uno dei contenziosi di Perugia con Ugolino era la Torre della rocca di Ponte. Firenze la pretendeva e Ugolino candidamente sostenne che lui non l’aveva in suo potere, infatti questa era stata espugnata da un certo Simone da Bevagna, che prendendola aveva anche ucciso una persona molto cara al signore di Foligno.
Il 19 agosto 1399, Ugolino Trinci vide ricompensata la sua lealtà al soglio pontificio: un matrimonio straordinario che lo imparentava con il Papa regnante. Agnese, figlia di Ugolino, sposò Andrea Tomacelli, fratello del papa. Ugolino promise di consegnare i castelli di frontiera di Piediluco e Miranda al futuro genero, ma non diede corso a questo impegno. In questo stesso anno, Marina, sorella di Ugolino, rimase vedova di suo marito Renzo di Paolo Savelli. Dei diritti della vedova si interessò lo stesso Papa, ora parente della famiglia Trinci.
XV Secolo
Dal 1386 fino al 1415, il potere passò al figlio di Trincia, Ugolino III, che divenne alleato dell'autorevole condottiero Braccio Fortebraccio, Signore di Perugia e Conte di Montone. Ugolino III, nel 1411-1412, commissionò all'artista Gentile da Fabriano gli splendidi affreschi di palazzo Trinci, secondo lo stile gotico internazionale. I lavori per la costruzione e sistemazione della residenza folignate furono realizzati tra il 1389 (con Corrado II) e il 1407.
I figli che Ugolino III aveva avuto da Costanza Orsini ressero collegialmente Foligno dal 1415 al 1421: erano Niccolò, Bartolomeo e Corrado. Questi, diventato Corrado III, fu l'ultimo Signore dal 1421: la sua sicurezza e ostentazione di potere non furono gradite all'autorità pontificia; l'8 settembre 1439, il cardinale Giovanni Maria Vitelleschi conquistò Foligno e la pose sotto la guida diretta dello Stato della Chiesa.
Pagine di approfondimento
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Ramificazione della famiglia Trinci
La successione, in casa Trinci, non è quasi mai stata in linea retta: molto spesso il titolo di Gonfaloniere di Giustizia prima, e di Vicario Pontificio poi, è passato da fratello a fratello o da zio a nipote. La politica matrimoniale perseguita dai Trinci, mirata all'allargamento della cerchia delle loro alleanze, ha generato legami di parentela con molte famiglie nobili dell'epoca; tra questi:
- Alviani o Luciani, conti di Alviano
- Astancolli di Todi
- Atti di Todi e di Foligno
- Baglioni e Fortebracci di Perugia
- Brancaleoni di Castel Durante di Foligno, Spoleto, Lugo, Urbino e Ferrara
- Caetani (o Gaetani), Colonna e Orsini di Roma
- Conti o De Comitibus di Foligno
- De Domo di Spoleto
- Este di Ferrara
- Francalancia di Spoleto e di Visso
- Gabrielli di Fano
- Gatti o Gatteschi di Viterbo
- Gualtieri di Foligno
- Malaspina di Carrara
- Monaldi di Perugia e di Pesaro
- Monaldeschi di Orvieto
- Montemarte di Corbara e di Pitignano
- Montefeltro di Urbino
- Manfredi di Faenza
- Nicolini di Firenze ( già detti De’ Sirigatti )
- Ottoni di Matelica
- Rangoni di Modena
- Robbacastelli di Foligno e di Milano
- Sforza di Milano
- Varani di Camerino
- Visconti di Milano
- Salimbeni di Siena
N.B.: Le immagini a corredo di queste pagine hanno uno scopo puramente illustrativo. Non sono in alcun modo collegate con l'iconografia, reale o presunta, dei fatti e dei personaggi a cui sono accostate.
Note
- ↑ Il titolo di Re dei Romani venne portato dagli Imperatori del Sacro Romano Impero dopo essere stati eletti come imperatori, ma prima di essere stati sottoposti alla cerimonia di incoronazione da parte del Papa. Era generalmente utilizzato come sinonimo o in abbinamento al titolo di Re d'Italia ed era connesso all'affermazione del concetto della personalità del diritto. Nell'epoca in cui il titolo venne inizialmente adoperato non esisteva più un concetto statuale di un diritto applicabile a tutti gli abitanti di un territorio, poiché i singoli popoli germanici che avevano invaso l'impero, applicavano ciascuno il proprio diritto, mentre la popolazione di origine latina, i Romani, continuavano ad applicare il diritto romano. Perciò con l'espressione di Re dei Romani (abbinata a volte anche a quella di Rex Germanorum cioè Re dei Germani) l'imperatore germanico confermava la propria sovranità anche sui sudditi della nazione latina.
- ↑ Re d'Italia è stato un titolo utilizzato da numerosi sovrani a partire dal Medioevo, in particolare dagli imperatori del Sacro Romano Impero, che fino a Carlo V d'Asburgo (1500-1558) regnavano nominalmente sull'Italia centro-settentrionale. Venne attribuito al primo sovrano germanico dell'Italia, Odoacre, e fu in seguito utilizzato anche da Ruggero II d'Altavilla dal 1130 al 1135, da Napoleone Bonaparte dal 1805 al 1815 e quindi dai sovrani di casa Savoia dal 1861 al 1946. Solo quest'ultimi, a cui solitamente ci si riferisce con tale titolo, regnarono effettivamente sull'intera penisola.
- ↑ I Vespri siciliani sono un evento storico avvenuto a Palermo nel 1282. Questo diede avvio a una serie di guerre, chiamate "guerre del Vespro" per la conquista della Sicilia, conclusesi con il trattato di Avignone del 1372. Dopo la morte di Corrado, la sconfitta di Manfredi a Benevento e la decapitazione a Napoli il 29 ottobre 1268 dell'ultimo e pericoloso pretendente svevo Corradino, il Regno di Sicilia era stato definitivamente assoggettato al sovrano francese Carlo I d'Angiò. In Sicilia la situazione si era fatta particolarmente critica per una generalizzata riduzione delle libertà baronali e, soprattutto, per una opprimente politica fiscale. L'isola, da sempre fedelissima roccaforte sveva, che dopo la morte di Corradino aveva resistito ancora per alcuni anni, era ora il bersaglio della rappresaglia angioina. I nobili siciliani offrirono allora la corona di Sicilia a Pietro III d'Aragona, marito di Costanza, ultima degli Svevi, figlia del defunto re Manfredi. Nel primo scontro tra Angioini e Aragonesi, Carlo fu sconfitto nel settembre 1282 e fece ritorno a Napoli, lasciando la Sicilia nelle mani di Pietro III. Ebbe inizio così un ventennale periodo di guerre per il possesso dell'isola.
- ↑ A partire dal IV secolo la Diocesi di Roma divenne proprietaria di immobili e terreni, frutto delle donazioni dei fedeli. Il patrimonio terriero del Vescovo di Roma era denominato Patrimonium Sancti Petri perché le donazioni erano indirizzate ai santi Pietro e Paolo.
- ↑ Dopo Benedetto XI (morto nel 1304) la Santa Sede iniziò a subire l'influenza politica della componente francese. I transalpini fecero trasferire la sede pontificia ad Avignone e monopolizzarono per lungo tempo i conclavi, facendo eleggere solo pontefici francesi. Fu il periodo detto della Cattività Avignonese.
Bibliografia
Archeo Foligno n° 2 - Marzo-Aprile 2007
Biografie dei Capitani Venturieri dell'Umbria - Ariodante Fabbretti - Montepulciano - 1843 - Tip. Angiolo Fumi
Bollettino della Pro Foligno - Anno 11º numero 2, Febbraio 2011
Compendio della Storia di Fuligno - Giuseppe Bragazzi - Foligno - 1858 - Tipografia Tomassini
Del Palazzo Trinci in Foligno - Don Michele Faloci Pulignani
Di Corrado Trinci, tiranno e mecenate umbro del quattrocento – Medardo Morici – Bollettino della Regia deputazione di Storia Patria per l’Umbria – Volume XI – Unione Tipografica Cooperativa – Perugia - 1905
Fragmenta Fulginatis Historiae - Don Michele Faloci Pulignani
Frammenti degli Annali di Spoleto dal 1305 al 1424 - Parruccio Zampolini
Gli affreschi del Palazzo Trinci a Foligno - Mario Salmi
I Gabrielli da Gubbio e i Trinci da Foligno nella storia della Repubblica Fiorentina - G. degli Azzi
I Priori della Cattedrale di Foligno – Don Michele Faloci Pulignani – Bollettino della Regia deputazione di Storia Patria per l’Umbria – Volume XX – Unione Tipografica Cooperativa – Perugia - 1914
Il Vicariato dei Trinci - Don Michele Faloci Pulignani
Istoria della Famiglia Trinci - Durante Dorio - Foligno - 1638 - Agostino Alteri
La Gazzetta di Foligno - 1988/89 - articoli di Federica Ferretti
La cronaca del Trecento italiano - Carlo Ciucciovino
Le arti e le lettere alla Corte dei Trinci - Don Michele Faloci Pulignani
Le concessioni del Cardinale Giovanni Vitelleschi al Comune di Foligno - Don Michele Faloci Pulignani
Novella cinquantesima quinta - Novelle - Matteo Bandello - Firenze - 1832 - Tipografia Borghi e compagni
Prima edizione a stampa della Divina Commedia – Studi II - Piero Lai
Storia del Comune di Spoleto dal Secolo XII al XVII – Achille Sansi – Stabilimento di P. Sgariglia – Foligno - 1879
Una contrastata impresa di Giacomo Trinci abate di Sassovivo (1412-1440) - Mario Sensi
Vita del Beato Paolo, detto Paoluccio, de' Trinci da Fuligno - – Lodovico Jacobilli - 1627 – Agostino Alteri – Foligno
Vite de’ Santi e Beati di Foligno – Lodovico Jacobilli – Agostino Alteri – Foligno - 1628
Wikipedia per le note e le varie voci.
Pro Trevi – Famiglia Manenti
Santi e Beati
Enciclopedia Treccani Online
WikiDeep
http://www.beatangelinadimarsciano.it/Paoluccio.htm
https://www.santosepolcrofolignoonlus.it/
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